Il film “Comandante” di Edoardo De Angelis, con Pierfrancesco Favino nel ruolo principale (2023), inizia con un vecchio uomo, forse Omero, che scrive versi in greco antico su un foglio. Il Comandante della Regia Marina, Salvatore Todaro, guarda perplesso il testo senza comprenderlo. Nonostante la barriera linguistica, Todaro si attiene a un principio fondamentale in mare: salvare gli uomini, indipendentemente da ideologie e affiliazioni. Durante la guerra del 1940, il suo equipaggio si imbarca in una missione per uscire dal Mediterraneo e affondare navi nemiche.
La trama si sviluppa quando il sommergibile si trova ad affrontare un mercantile belga che apre il fuoco inaspettatamente. Dopo aver affondato il nemico, Todaro si trova di fronte a un dilemma morale: abbandonare i naufraghi o soccorrerli. Nonostante lo spazio limitato a bordo, decide di trasportarli al porto più vicino, ignorando le regole convenzionali di guerra.
L’equipaggio belga trasporta materiale bellico per gli inglesi, ma nonostante le tensioni e gli scontri a bordo, Todaro mantiene la sua umanità. La presenza dei naufraghi impedisce al sommergibile di immergersi, esponendolo al rischio di essere individuato dalle navi nemiche. Tuttavia, Todaro spera che anche gli inglesi rispettino la regola del soccorso.
Il film mette in luce la tensione tra dovere militare e il rispetto per la vita umana. Todaro, ispirato dai valori antichi della fratellanza e dell’ospitalità, sfida le convenzioni e salva i naufraghi. La storia culmina con il riconoscimento da parte dei belgi della generosità e del coraggio del comandante italiano.
La trama riflette sulla necessità di mantenere la propria umanità anche in situazioni estreme, suggerendo che, nonostante le sfide, l’essenza della dignità umana deve essere preservata. Alla fine, il film si collega alla realtà contemporanea, suggerendo che l’umanità deve sempre ricordare le leggi della sopravvivenza e la necessità di soccorso, soprattutto in situazioni difficili come quelle del mare.
Fabrizio Cremonesi – N>O>I
