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Dagli Ottomani alle Bombe della NATO

Guerra in Yugoslavia

LA STORIA 
Dagli Ottomani alle Bombe della NATO

KOSOVO: TRA STORIA E MITO
Il 15 giugno 1389, Lazar, principe della Serbia, che si estendeva allora fino alla Bulgaria e alla Grecia del Nord, fu ucciso dai Turchi nella battaglia di Kosovo, e insieme a lui l'intero esercito venne annientato.
Da allora si dice che si aggirino, fra le montagne, gli spiriti dei dieci figli del nobile Jug, tutti morti in quella battaglia, condotta dai cristiani ortodossi per difendere la terra dei duecento monasteri dal conquistatore turco ottomano.
Kosovo, patria di Jug e dei suoi dieci figli; terra dei ducento monasteri; culla dei Serbi. 
Si narra che lì ogni bambino fosse salutato dalla madre così: " Salve piccolo vendicatore di Kosovo"
Ancora in Kosovo nel 1448 il sultano Murad II sconfisse gli Ungheresi di Giovanni Hunyadi e due anni dopo, l'esrcito guidato da Solimano il Magnifico dilagò fino a Belgrado.

GLI OTTOMANI

Nel 1463 venne ucciso Stevan Tomasevic, ultimo re di Bosnia e anche questa regione passò sotto i Turchi.
Da allora , fino al 1699, tutti i Balcani passarono sotto la dominazione ottomana. Solo il Montenegro, indipendente dal 1355, retto dalla monarchia autarchica dei vescovi di Cetinjie, rimase indipendente. Il 1669, si diceva, quando con il trattato di Karlowitz, Croazia e Slovenia passarono sotto la corona asburgica di Eugenio di Savoia. E venne il 1774, quando a Kutchuk Kainardi, in Bulgaria, fu firmata la pace tra Russia e impero ottomano: per i Serbi, sotto la protezione russa rinasceva il sogno di indipendenza, e la guerriglia antiturca, mai sopita, si riaccese con violenza negli anni fra il 1805 e il 1813. Belgrado e Smederovo furono riprese dagli Ottomani e nel 1815 un'insurrezione appoggiata dai russi portò infine al trattato di Adrianopoli: le truppe turche si ritirarono dalla regione della quale fu sancita l'autonomia. Nel 1882 la Serbia sarebbe diventata regno.
Anche la Bosnia Erzegovina, con il Congresso di Berlino del 1878, quando ormai l'impero ottomano era in fase di avanzato declino, passo sotto la dominazione Austroungarica . Solo la Macedonia restò turca: il problema della sua assegnazione rimase allora insolubile. Proprio per la spartizione della Macedonia, sarebbe scoppiata la Prima Guerra Balcanica.
Petar Karadiordjevic I , re di Serbia, approfittando della sconfitta che gli Italiani avevano inflitto alla Turchia nel 1912, in Libia, si fece promotore della Lega per la liberazione dei Balcani, alla quale aderirono immediatamente Bulgaria, Grecia e Montenegro.
Il 17 ottobre 1912 gli eserciti della Lega attaccarono le forze ottomane, le quali, nel giro di poche settimane fuorno sconfitte: la Serbia riconquistò il Kosovo e si prese la Macedonia. Nel 1913 a Londra venne firmata la pace con la quale la Turchia perdeva quasi tutti i terriotri balcanici. Il nuovo assetto della regione, però non soddisfaceva alla Bulgaria, che accampava diritti sulla Macedonia e nel giugno dello stesso anno scoppiò la Seconda Guerra Balcanica: Serbia, Montenegro, Grecia e più tardi Romania e Turchia, attaccarono la Bulgaria che fu sconfitta. La Dobrugia bulgara passò alla Romania, Edirne tornò alla Turchia, Salonicco passò alla Grecia e gran parte della Macedonia alla Serbia, la quale uscì da questa guerra rafforzata, aumentando il proprio potere di attrazione nei confronti di Bosnia Erzegovina, Croazia, Slovenia, all'epoca ancora amministrate dall' Austria – Ungheria.

LA GRANDE GUERRA ( I Guerra Mondiale )
Il 28 Giugno 1914 venne assassinato a Sarajevo l'ariduca Francesco Ferdinando, erde del trono d'Austria. L'Austria dichiarò guerra alla Serbia, accusata di essere la vera mandante dell'omicidio. Cominciò cosi', con questo pretesto, la Prima Guerra Mondiale. Con la sconfitta degli imperi centrali da parte di Francia, Inghilterra, Italia, Stati Uniti, il 1 dicembre 1918 il principe di Serbia, Alessandro Karadjordjevic, proclamò il regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, al quale si unirono Bosnia Erzegovina e Montenegro. Dal 1929 il paese avrebbe preso il nome di Yugoslavia. Per tutto il periodo tra le due guerre la nazione visse una situazione di grande instabilità politica, segnato da gravi sconttri tra Serbi e Croati separatisti. Nel gennaio 1929 il re Alessandro sciolse l'Assemblea Nazionale e abrogò la Costituzione, facendo della Yugoslavia una monarchia assoluta. In questo clima, che sarebbe culminato nell'assassinio del re, crebbe il movimento filo-fascista degli Ustascia croati. Il potere passò quindi in mano al principe reggente Pavle, il quale intensificò ancora di più la repressione. Nel 1941 la Yugoslavia, di fatto diventata un alleata della Germania nazista ; si sperava che il potente alleato avrebbe in qualche modo tenuto a freno le mire espansionistiche italiane. Ma il calcolo si sarebbe rilevato disastroso. Un tardivo colpo di stato filo inglese , compiuto dai militari e appoggiato dalla Chiesa ortodossa, il 27 marzo del 1941, non salvò la Yugoslavia dalla carneficina nazifascista.

SECONDA GUERRA MONDIALE

Il 6 aprile 1941 gli aerei nazisti bombardavano Belgrado, mentre gli eserciti italiano, tedesco e ungherese varcavano le frontiere.
Tredici giorni furono sufficienti alle forze dell'asse per occupare tutto il Paese.
Re Petar II, che nel frattempo era subentrato al principe Pavle, fuggì in Grecia e la Yugoslavia venne di nuovo spartita: all'Italia Lubiana, gran parte della costa del mare Adriatico e il controllo del Montenegro; all'Ungheria i territori del nord di Drava e del Danubio e alla Bulgaria la Macedonia.
Ante Pavelic, capo degli Ustascia, venne messo dai nazisti a capo di uno stato fantoccio che comprendeva parte della Croazia e della Bosnia Erzegovina. Proprio Pavelic, durante la sua dittatura, mise in atto una pulizia etnica tale da assumere le dimensioni di un genocidio: seicentomila dei due milioni di Serbi che vivevano nella regione da lui retta passarono alle armi.
Sulle montagne intanto, un altro croato, Josip Broz " Tito", al comando dei partigiani dava vita a una strenua resistenza, alla quale i nazifascisti reagiorno con rappresaglie indiscriminate contro i civili e con ogni genere di atrocità. Il 26 Novembre 1942 si formò il comitato antifascista per la liberazione nazionale, che mise fuori gioco il governo di Petar II. I partigiani di Tito e ntrarono a Belgrado nell'ottobre del 1944. Nella guerra erano morti quasi due milioni di Yugoslavi, un decimo dell'intera popolazione. L'11 ottobre 1945 il Fronte Popolare ottenne il 96 per cento dei voti: la monarchia fu abrogata e il 31 gennaio del 1946 nacque la repubblica popolare federale di Yugoslavia, composta da 6 repubbliche ( Serbia, Croazia, Slovenia, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Montenegro) e da due territori autonomi, Vojvodina e Kosovo- Metohija, inclusi nella Serbia.

DA TITO ALLA DISSOLUZIONE
Nel 1948 la Jugoslavia fu espulsa dal Cominform, l'organismo che raccoglieva i Paesi Comunisti, per gravi dissensi con l'Unione Sovietica e intanto Tito perseguiva la " via jugoslava al socialismo", che avrebbe portato il Paese all'equidistanza fra i due blocchi e a una posizione di prestigio internazionale, tanto che nel 1961, a Belgrado, si sarebbe tenuta la Prima Conferenza dei Paesi non allineati.
Le relazioni con l'U.R.S.S., dopo un periodo di riavvicinamento coinciso con il periodo Kruscioviano, peggiorarono di nuvo, nel 1968, dopo l'invasione sovietica della Cecoslovacchia e si normalizzarono solo nel 1972.
Nel frattempo la Yugoslavia viveva un periodo di notevole benessere, nonostante la povertà che continuava a restare preoccupante nelle regioni meridionali del Paese.
Tito morì il 4 maggio del 1980 e subito si cominciarono a proliferare scenari che avrebbero portato prima, nel 1991 alla secessione di Slovenia e Croazia e subito dopo alla sanguinosissima guerra di Bosnia, all'assedio di Sarajevo, ai terribili episodi di pulizia etnica compiute da Serbi e Croati, all'intervento della Nato, e alla pace precaria con gli accordi di Dayton del 1995.
Intanto l'11 marzo del 1981, neppure un anno dalla morte Tito, era esplosa in Kosovo, la regione piu' povera della federazione, una prima rivolta popolare, alla quale non seguì nessuna risposta in termini di sviluppo e di garanzie democratiche. Ma anche i Serbi e I Montenegrini della regione erano in fermento: con le modifiche costituzionali del periodo 1968-1974, che lasciavano ampio spazio alle autonomie e con il grande sviluppo demografico della minoranza albanese, essi vedevano messe in pericolo le posizioni fino a quel momento garantite loro in Kosovo.
Nel 1986 una nuova ondata di manifestazioni scosse la regione, di nuovo seguirono arresti e processi. Nel novembre del 1988, i dirigenti del Kosovo furono rovesciati dalla protesta di piazza. Nel 1989 Slobodan Milosevic, ormai saldamente al potere in Serbia, riuscì a far passare, con l'appoggio di Sloveni e Croati, una modifica alla costituzione serba con la quale si riduceva l'autonomia delle sue regioni (Vojvodina e Kosovo).
E nel giugno 1989 Milosevic, proprio in Kosovo, arringò una folla di Serbi rievocando la famosa battaglia del 1389, nella quale parlo' del destino di guerra che attendeva il popolo serbo.

Fonte: Avvenimenti del 4/4/99 a cura di Gianandrea Turi

OGGI dal 24 Marzo 1999
Dopo il dramma di Sarajevo, di Mostar, di Vukovar, quello che resta della Yugoslavia è ancora dilaniato dalla guerra.
I Balcani sono di nuovo in fiamme.
Belgrado è sotto le bombe, come nel 1941 e gli abitanti del Kosovo privati di ogni diritto sono diventati ancora di più vittime, schiacciati e spinti verso i confini possono scegliere se morire ammazzati dalle squadre della morte di Milosevic o dalle bombe intelligenti della Nato e la guerra non permette purtroppo di avere testimoni internazionali ad ogni tipo di violenza.
I Balcani sembrano stati proiettati indietro nel passato: vittime della politica delle divisioni, dei nazionalismi e degli interessi delle grandi potenze che in nome dei diritti umani hanno portato ulteriore guerra dove la guerra gia' era di casa, permettendo che i massacri si facessero ancora piu' sanguinosi dove gia' avvenivano

(n.d.r. – l'ultimo pezzo [ OGGI dal 24 Marzo 1999 ] e' stato leggermente cambiato e ampliato rispetto alla fonte originale)

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