Dalla privacy agli sticker, tutti i motivi per cui dovresti usare Telegram
Abbiamo incontrato il Ceo e fondatore di Telegram, Pavel Durov, per parlare della sua app, di dove sta andando e dei diritti di tutti
Di: Philip Di Salvo
Pubblicato: marzo 4, 2016
Pavel Durov, Ceo e fondatore di Telegram, parla a voce bassa, pesando ogni parola. Al Mobile World Congress di Barcellona ha annunciato che il suo servizio è utilizzato da 100 milioni di utenti attivi e che, ogni giorno, 350mila persone scaricano la sua applicazione. La sensazione è che le cose per Telegram stiano diventando davvero molto serie e il tono di Durov si adatta di conseguenza.
Fuggito dalla Russia per non cedere alle autorità i dati degli utenti della sua precedente azienda, Durov, che ha anche trascorso alcuni anni della sua infanzia a Torino, ha lanciato Telegram con l’idea di fornire un’applicazione di chat più sicura delle concorrenti e con un maggior rispetto della privacy: chi la usa non torna indietro, dice Durov: “Siamo riusciti a raggiungere una base utenti davvero globale, che si fida di noi e che consiglia agli amici di usare la nostra app. Spero che riusciremo a tenere fede alle aspettative, ma penso che siamo appena all’inizio”.
In quali paesi Telegram sta andando meglio? Dove vi siete espansi di più? “Non c’è un singolo paese, ci sono diversi contesti dove abbiamo quasi 2 milioni di utenti. Sono contento che l’Italia sia in questo gruppo e, anche se i numeri assoluti non sono così alti, la crescita è davvero incoraggiante e il giudizio nei nostri confronti è più che positivo. Ci fa molto piacere, specialmente per me, che sono molto legato alla cultura italiana”.
Telegram ha avuto una sua evoluzione precisa, da applicazione a servizio desktop, poi sono arrivati i canali e i bot. Credi che Telegram possa diventare una piattaforma di comunicazione completa? State andando in questa direzione? “Esattamente, e per quel motivo gli utenti si aspettano molto dalla nostra app e molti servizi ne vogliono fare parte. Noi diamo la possibilità agli altri di costruire nel nostro ambiente e le Api sono una parte fondamentale per lo sviluppo di Telegram. Ogni mese, poi, mettiamo a disposizione un aggiornamento basato sul modo in cui le persone definiscono il modo in cui comunicano. Il mese scorso, ad esempio, abbiamo migliorato il nostro servizio di messaggi vocali. Una volta che le persone passano a Telegram da altre applicazioni, se hanno abbastanza amici che la usano, non tornano più indietro”.
Siete un’azienda europea che produce un servizio globale che fa concorrenza ai grandi nomi della Silicon Valley. Pensi sia possibile una risposta europea o gli altri sono troppo grandi? “Siamo partiti da Berlino e l’Europa è un buon posto per gestire un’azienda tecnologica: mi sembra che i governi qui si stiano rendendo conto di come sia necessario sostenere gli imprenditori di questo settore e penso che sarà sempre più conveniente essere qui, specialmente se penso a quanti ingegneri di talento ci sono, soprattutto in Europa dell’Est. E i costi sono molto più bassi che nella Silicon Valley”.
Cosa rende Telegram diversa rispetto alle altre app di messaggistica? Le altre fanno davvero schifo? “Per sopravvivere in questo settore dobbiamo essere migliori dei nostri concorrenti e noi crediamo di aver creato l’esperienza di messaggistica più veloce e facile da usare, nonché la più sicura. Abbiamo tenuto la sicurezza al centro del progetto sin dall’inizio, mentre altre app hanno affrontato in ritardo la gestione dei dati degli utenti: WhatsApp, ad esempio, fino al 2012 aveva layer di sicurezza molto bassi e chiunque, avendo accesso alla tua rete Wi-Fi poteva accedere anche ai tuoi messaggi. Molte persone usano Telegram per gli sticker, per altri la motivazione è la possibilità di avere chat di gruppo molto grandi; per altri, invece, è la possibilità di inviare grandi file; per altri ancora, come giornalisti, politici e teenager, per gli stessi motivi per cui usano Snapchat, sono le chat sicure e la privacy”.
Hai lasciato la Russia per non venire a patti con le pressioni del governo in termini di sorveglianza sui dati dei cittadini. Pensi che la sorveglianza digitale sarà sempre più pervasiva e che la crittografia sarà sempre più importante? “Penso che ci siano cambiamenti positivi e altri negativi: tra i primi ci metto il fatto che le aziende stanno fornendo ai loro utenti la possibilità di chattare sfruttando la crittografia forte e standard migliori di protezione. Per quanto riguarda i cambiamenti poco incoraggianti, invece, c’è il fatto che, nel mobile, ci sono solo due grandi player dal punto di vista dei sistemi operativi”: iOS e Android, ovviamente. “Il punto è che sono entrambi americani ed è possibile che queste aziende dovranno venire a compromessi sulla sicurezza, perché se c’è una backdoor nel sistema operativo, i dati sarebbero ancora vulnerabili. Questo è qualcosa che spero possa essere cambiato”.
Il caso Apple vs. Fbi è emblematico in questo senso. Come ti poni in questo scenario? “Pensiamo che la privacy degli utenti e la sicurezza dei loro dati sia estremamente importante. Ogni tentativo di regolamentare questa tecnologia che porti a dei precedenti legali deve essere affrontato con la dovuta cautela. Siamo felici che la comunità globale abbia sostenuto Tim Cook e questo mi fa sperare che la situazione possa svilupparsi in un modo costruttivo. Quello che il governo Usa vuole risolvere può essere risolto senza dover pagare un prezzo così alto”.
Dopo gli attentati di Parigi, la crittografia è tornata al centro del dibattito e molti l’anno accusata di essere un’arma nella mano dei terroristi e Telegram ha dovuto chiudere diversi canali che erano utilizzati dai jihadisti. Come rispondi a questi attacchi contro la sicurezza digitale? “Ci sono due risposte da dare. Channels è uno strumento di broadcasting pubblico e, sì, è stato utilizzato anche da persone che lo hanno usato per promuovere il movimento jihadista, ma la nostra posizione è molto chiara: bloccare tutto, per quanto ci è possibile. Ogni giorno chiudiamo una dozzina di canali. La seconda parte, invece, ha a che vedere con la crittografia end-to-end, che consente di evitare di esporsi a sorveglianza potenziale. Noi siamo tra i provider di questa tecnologia e per noi è problematico sapere che questa possa essere utilizzata per scopi malvagi, ma la tecnologia esiste già, ci sono diverse opzioni, e se si vuole se ne può creare una nuova facilmente. Per questo penso che sia estremamente difficile affrontare questo problema e le soluzioni sono probabilmente fuori dalla tecnologia”.
Pensi che le rivelazioni di Edward Snowden abbiano avuto un influenza particolare sul successo di Telegram? “Inizialmente, di sicuro. Snowden, per noi in particolare, è stato fondamentale per capire che i problemi che avevamo in Russia erano sostanzialmente gli stessi anche in altri paesi: un governo che invade la privacy dei cittadini con troppa facilità. Quando siamo partiti, abbiamo avuto un picco di nuovi utenti senza alcun annuncio, né attività di marketing e quello potrebbe essere dovuto alle rivelazioni di Snowden. Poi, quando abbiamo lanciato le chat sicure, c’è stato un altro picco. Detto questo, credo che la nostra tecnologia sia superiore anche in altri modi, a partire dalla velocità e dalla semplicità. L’anno prossimo ci piacerebbe che siano altre ragioni, oltre alla sicurezza, a causare un’altra impennata di nuovi utenti”.
Quale sarà il prossimo passaggio di questa evoluzione? “Lavoriamo in questo modo: lanciamo qualcosa e vediamo in che modo gli utenti la adottano e cerchiamo di intercettare un trend. Per noi è sempre stato così e non abbiamo un piano di lungo periodo su cosa faremo tra un anno, ad esempio. Abbiamo un piano al massimo per i prossimi due o tre mesi: questo ci consente di restare rilevanti ed evolverci sulla base delle richieste del mercato. Se guardi alla nostra storia, siamo partiti come un’app che forniva la possibilità di chattare in sicurezza, ma poi abbiamo guardato a cosa volevano i nostri utenti e ci siamo evoluti”.
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