Il valore aggiunto dell’informazione di NOI – RecSando è sempre stato il territorio. Nel mondo di oggi, globalizzato e totalmente interconnesso, il discutere di ciò che ci accade accanto è davvero un plus spesso dimenticato. Ma viviamo giorni veramente difficili, nei quali l’informazione che ci giunge dall’altra parte del mondo può essere facilmente assimilata a quella della porta accanto. Partendo da questo assunto, abbiamo ritenuto di compiere un’operazione importante andando a intervistare esperti e personalità che nella crisi sanitaria, economica, politica e sociale attuale hanno ognuna qualcosa da dire e da dare. Crediamo, sempre dicendolo modestamente, di esserci riusciti. Ma a Voi la parola finale. Buona lettura.
INTERVISTA AL SINDACO DI NEMBRO , DOTT. CLAUDIO CANCELLI
1 ) Sindaco Cancelli, nel ringraziarLa per aver accettato il nostro invito, le chiederemmo subito di fare un passo indietro. Nembro, pensiamo di essere tra il 3 e il 9 marzo scorso, cosa è successo veramente in quei maledetti giorni ? Quali i perché della mancata istituzione di una zona rossa nella provincia di Bergamo, tra Alzano e Nembro, quando i numeri del contagio (partito dall’ospedale di Alzano da quanto ricostruito finora) erano già maggiori rispetto ad altre zone della Lombardia ? Per la cronaca, ricordiamo che il primo caso di contagio registrato a Nembro lo si è scoperto il 23 febbraio 2020, quindi a poche ore dal primo caso nazionale ufficiale dichiarato a Codogno, ove subito dopo la zona rossa invece fu istituita.
La mancata istituzione della zona rossa è dovuta a due elementi.
Innanzitutto nelle prime settimane c’è stata una sottovalutazione costante dell’emergenza COVID-19 a tutti i livelli che ci ha visto sempre in ritardo nell’assumere le decisioni più tempestive e decise.
In secondo luogo, governo e Regione Lombardia non hanno avuto il coraggio di ascoltare le indicazioni ormai chiare che le autorità sanitarie avevano fornito, affrontando il problema come fosse di natura politica e non innanzitutto sanitaria. In questo modo, non hanno lavorato insieme nella stessa direzione, cercando di lasciare all’altra parte la responsabilità di una decisione. I problemi che la zona rossa avrebbe determinato (difficoltà di gestione in una zona così fortemente urbanizzata senza soluzione di continuità e riflessi sull’apparato produttivo) dovevano passare in secondo piano rispetto alla responsabilità che chi governa deve dimostrare per la tutela del bene comune della salute delle persone.
2 ) Il Comune di Nembro è ubicato in un’area fortemente industrializzata. Come Lei ha ripetuto più volte, ora è il momento della coesione e i prodromi delle vicende che hanno portato ad avere nel suo comune, dopo il 7 marzo 2020, 10 cittadini nembresi morti ogni giorno, andranno valutati in seguito. Ma quanto hanno influito, in tutta questa immane sciagura, le pressioni evidenti di un distretto industriale che conta 376 aziende per complessivi 850 milioni di euro annuali di fatturato ? Siamo palesemente davanti all’economia che schiaccia la cosa più preziosa che abbiamo come esseri umani, mi riferisco alla vita stessa, o forse questa valutazione può essere considerata un’esagerazione ?
Su questo voglio essere chiaro. Gli industriali hanno espresso sicuramente le loro preoccupazioni per gli effetti sul lavoro e la produzione. Queste preoccupazioni erano reali e lo vedremo nei prossimi mesi quando faremo fatica a riprenderci. Ma da qui a condizionare la politica ce ne passa.
Chi ha una responsabilità nelle decisioni per mandato degli elettori, e questo vale anche per me come Sindaco nelle questioni comunali, ascolta tutti i punti di vista e poi però deve decidere per il bene comune. Se c’è una colpa nella mancata istituzione della zona rossa è di chi, potendo crearla, non l’ha fatta, non assolvendo a quella che io chiamo l’etica del governo per il bene comune. E in questo caso, si doveva ascoltare l’indicazione dell’Istituto Superiore della Sanità: se l’ISS ha detto, come sembra ormai evidente, che andava fatta, Regione e Governo INSIEME avrebbero dovuto farlo e non continuamente discutere tra loro, lasciando passare il tempo e rendendola alla fine una scelta non più adatta ad affrontare la diffusione del contagio. La responsabilità è di chi ha il potere di decidere.
3 ) Io sono un cittadino sandonatese, quindi milanese e quindi lombardo. Dico questo perchè per me parlare delle sofferenze che la zona del bergamasco ha vissuto e sta vivendo è come parlare di sofferenze patite da dei miei fratelli. E, vivendo appunto anche io in Lombardia, so di quello di cui stiamo parlando. Per questo motivo questa domanda che Le rivolgo potrà tornare utile anche alla mia di comunità: da tragedie come queste, come se ne esce ? Gli errori evidenti che vi sono stati, potranno essere finalmente un giorno sanati o, tra qualche mese, ci ritroveremo avvolti da quella melassa buonista che tenterà di ammorbare tutto, rendendo indistinguibili colpevoli e colpiti ?
Noi dobbiamo capire come mai il sistema lombardo è stato così in difficoltà a reggere l’emergenza. E qui dobbiamo farci delle domande precise, quando tutto sarà finito. Ad esempio:
- perché il Veneto ha retto meglio l’emergenza? Esistono delle differenze nella gestione del servizio sanitario nazionale tra le due regioni, ad esempio nel rapporto tra ospedali, territorio e medicina di base?
- perché siamo andati così in difficoltà con la medicina di base che avrebbe potuto garantire interventi nelle fasi iniziali della malattia evitando ricoveri e decessi? E perché non abbiamo dato in tempo ai medici di base le mascherine? Quando i medici di base hanno fatte le visite domiciliari è diminuita la percentuale di ricoverati di quei pazienti.
- perché la gestione negli ospedali, soprattutto nelle prime settimane, ha favorito la creazione di focolari come ad Alzano e Nembro? e causato una così elevata positività di operatori sanitari? Superficialità nei protocolli?
- è stato corretto avere COVID-19 ricoverati in tutti gli ospedali, anche quelli periferici, con grandi difficoltà di gestione e di separatezza dagli altri malati?
- Perché le RSA sono state lasciate sole, senza tamponi e senza fornitura di dispositivi di protezione individuale? E così hanno avuto percentuali incredibili di decessi.
- perché la logistica non è stata gestita con efficienza, è andata in crisi e non ha garantito gli approvvigionamenti di mascherine, bombole di ossigeno, tamponi e reagenti, etc…?
- Perché fare così pochi tamponi alle persone con sintomatologia che così hanno propagato l’infezione? Perché ai familiari stretti di persone decedute per sofferenza respiratoria non è stato fatto il tampone?
- etc…
Dobbiamo rispondere a queste domande, perché qui è successo qualcosa che ci ha lasciato indifesi e ha causato molte morti che avrebbero potuto essere evitate con una migliore gestione. Se vogliamo pensare al futuro, non possiamo evitarle. Altrimenti capiterà di nuovo.
Redazione N>O>I – Network Organizzazione Innovazione – FM-Staff
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