…Dormi sepolto in un campo di grano senza la tua Stella Rossa senza un tulipano…
Mani pietose, lo raccolsero e decisero la sua sepoltura nel cimitero cittadino che dopo la Liberazione e la proclamazione Repubblicana dello stato italiano assunse il nome della strada maestra di via Brigate Partigiane
MILITARE IGNOTO RUSSO CADUTO NELLA GUERRA 1940-1945.
Questa sepoltura nel cimitero di San Giuliano Milanese quasi 30 anni fa mi incuriosì tantissimo tanto che ci feci un articolo per IL GIORNO da giovanissimo cronista alle “prime armi”.
Me la segnalò uno storico locale, consigliere comunale dello Scudocrociato nell’allora “Stalingrado del Sudmilanese” che mi raccontò di questo giovane soldato dell’Armata Rossa che durante la Seconda Guerra Mondiale si trovò nel Sudmilanese, forse per diserzione o forse perché catturato dai tedeschi durante la tentata invasione dell’URSS.
Di certo si sa che aderì alla lotta partigiana, combatté alternando la vita nei campi in tempi di guerra, forse retaggio della sua vita da civile nella grande madre patria Russia.
Di certo si sa solo che venne ferito a morte a San Giuliano e qui vi perì in un tempo indefinito tra il 1944 e il 1945 senza un nome preciso.
Mani pietose lo raccolsero e decisero la sua sepoltura nel cimitero cittadino che dopo la Liberazione e la proclamazione Repubblicana dello Stato italiano assunse il nome della strada maestra di via Brigate Partigiane con vista sul canale Redefossi e i campi di grano teatro secoli prima della epica battaglia di Marignano o dei Giganti, oggi sacrario nazionale del popolo elvetico al termine dell’ultima guerra ufficiale e mercenaria contro armate straniere.
Col consigliere del Biancofiore in epoca di disgregazione dell’ex Unione Sovietica e di restituzione dei nostri migliori figli ed eroi caduti sul fronte del Don chiedemmo la possibilità di farlo tornare a casa.
Il Console della Russia di Eltsin a Milano fu cortese ma fermo: non essendo identificato quel giovane poteva essere ceceno, moldavo, bielorusso, giorgiano o addirittura mongolo.
Chi se lo sarebbe portato a casa in quella incertezza?
E quindi in tutti questi anni Antonov, Sergej o Pijotr o come diavolo si chiamasse nessuno fu in grado mai di identificarlo e dargli un nome per la sua sepoltura…ogni tanto però, dopo 75 anni, qualcuno ancora gli porta un fiore rosso.
Cesare Mannucci