C’è una grande amarezza e tanta rabbia nei confronti della Provincia di Milano, dell’ente Parco Sud e non sappiamo se “incolpevole” del Comune di San Donato: un territorio che ora piange la scomparsa dell’ultimo bosco naturale, un’area di oltre tre ettari lungo le sponde del fiume Lambro.
“La nostra associazione -commenta Giorgio Bianchini, presidente Wwf sud Milano- nel corso degli ultimi anni si era spesa pubblicamente e a più riprese per salvarlo, per farlo conoscere alla cittadinanza, impiegando molte ore di lavoro e energie per elaborare progetti di valorizzazione. Lo avevamo battezzato Bosco degli ex Pioppeti: adesso dobbiamo riferirci a quell’area con una ‘ex’ in più”. Per chi conosce il luogo, ci si riferisce alle due porzioni di boschi limitrofe che si estendevano su un’ampia superficie dietro al cimitero di San Donato, in un angolo della grande area agricola che va dalla via per Monticello al Lambro e dai laboratori ENI verso sud, fino al confine con San Giuliano Milanese. Adesso non esiste più nulla, è bastato un atto formale di abbattimento per vanificare anni di impegno per tutelarlo.
“In questi luoghi abbiamo organizzato visite guidate, abbiamo elaborato progetti e cercato di coinvolgere le Amministrazioni con l’idea di realizzare un corridoio naturale lungo il Lambro e quei boschi erano un cardine importante per il loro grande valore naturalistico -spiega Riccardo Mancioli del Wwf Sud Milano-. Recentemente poi l’amministrazione di San Donato Milanese, raccogliendo un progetto del Wwf, aveva cercato di ottenere i finanziamenti necessari attraverso un Bando Cariplo per uno studio di fattibilità proprio per la realizzazione del corridoio naturale, purtroppo non andato a buon fine. Il progetto, bocciato sostanzialmente per un vizio di forma, avrebbe potuto essere ripresentato l’anno prossimo. Adesso non avrebbe senso farlo. Come si può sperare nel ripristino di un’area fluviale se non si riesce nemmeno a tutelare componenti così importanti”?
Cosa rendeva questi boschi così importanti? Si trattava di ex pioppeti che da oltre vent’anni erano stati lasciati liberi di evolversi in maniera spontanea. Ciò ha permesso l’instaurarsi di un ambiente tipicamente legato a zone igrofile umbratili e coperte da vegetazione arborea, con un grande sviluppo di biodiversità. In poche parole: era nato un bosco naturale. Lo stato di abbandono era lampante: il sottobosco era rigoglioso e non compatibile con le lavorazioni commerciali legate alla pioppicoltura tradizionale, molte delle piante originariamente messe a dimora erano giunte da tempo alla fine della loro vita e moltissimi alberi giacevano a terra schiantati dagli eventi atmosferici lasciando il posto ad essenze tipiche della pianura padana.
Quali le ragioni dell’abbattimento?
Perché allora è stato tagliato? “Difficile dare una risposta ad una domanda del genere -aggiunge Bianchini-. Sbaglieremmo di molto se pensassimo che qualcuno abbia preferito togliere di mezzo un elemento del territorio estraneo ad usi agricoli intensivi? In fondo per la visione di molti, è lo scopo principe cui dovrebbe essere votata la nostra pianura. E se così fosse, colui che ha decretato l’abbattimento non ha di certo considerato il fatto che la presenza di un bosco avrebbe permesso l’accesso a finanziamenti regionali concepiti per la tutela di questi ambienti. Da parte nostra c’è il grande rammarico di non aver proceduto con l’iter per farlo riconoscere formalmente come bosco. Un piccolo, semplice atto che forse ne avrebbe impedito l’abbattimento. Ma allo stesso tempo ci chiediamo: era un compito solo nostro”?
Eppure, l’esistenza di questo bosco e la sua importanza era ben nota a tutta l’amministrazione Comunale, alla Provincia e all’Ente Parco Sud. Solo un paio di mesi fa era stato indetto un incontro pubblico, promosso da Legambiente e Politecnico di Milano, nell’ambito di un ben più importante processo di recupero del fiume stesso, e i succitati attori erano stati tutti attivamente coinvolti.
“Quindi -conclude Bianchini- la domanda che il Wwf rivolge loro è: la tutela degli ambienti naturali veri e propri, quelli che hanno un profondo valore ambientale, è affidata solo ed esclusivamente a un’associazione come la nostra? E chi ci amministra non si sente in dovere di attivarsi in prima persona per una realtà del territorio tanto rara e preziosa”?
Anche l’Associazione per il Parco Sud Milano si sta attivando per cercare di “trovare il colpevole del taglio”. E comunque, anche quando venisse scovato, porre rimedio all’ennesimo scempio dell’ambiente boschivo del Parco: la primavera scorsa è toccato al secolare bosco di querce farnie di Vione (siamo ancora in attesa del processo a seguito di nostra denuncia), quest’anno, a fine gennaio, un altro bosco di quasi 2mila mq è stato raso al suolo a Vittuone. E ora a San Donato, persi altri tre ettari di bosco. Sconforto e amarezza per crimini ambientali non devono bastarci: occorrono pene più severe anche nei confronti degli amministratori pubblici, incuranti del patrimonio della collettività! http://www.assparcosud.org