Che cosa fanno i turisti sulla telecabina che dal passo del Tonale porta al ghiacciaio Presena, a 3.000metri di quota, visto che ormai lo sci estivo sul ghiacciaio è dimenticato da un decennio?
Sono curiosi di osservare gli operai che stanno stendendo il telo di salvataggio del ghiacciaio, una coperta di 100.000 metri quadrati, come 10 campi di calcio, per mantenere la temperatura che ridurrà del 50% la inesorabile riduzione del ghiacciaio. La coperta ora è bianca, ma nel giro di 15 giorni si scurirà per effetto delle piogge, dei venti che trasportano la sabbia e per l’inquinamento. “Se non avessimo cominciato 12 anni fa a stendere il telo sui primi 35.000metri quadrati di ghiacciaio – dice Davide Panizza, presidente della Società Carosello Tonale Spa – e se non avessimo provveduto durante la stagione invernale a sparare uno strato di neve artificiale, oggi il ghiacciaio sarebbe dimezzato. Con un grave danno per l’economia delle valli Camonica e di Sole che dalla Lombardia e dal Trentino portano turisti al passo. Le montagne mostrano con drammaticità le conseguenze dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale: negli ultimi decenni, solo sull’arco alpino, sono scomparsi circa 200 ghiacciai”.
Inversione di tendenza – Ma sulla cima del Presena, a cavallo tra Lombardia e Trentino, c’è un piccolo segno di una possibile inversione di tendenza. Un lavoro lungo e meticoloso che avviene ormai da 12 anni e che si sta ripetendo anche in questi giorni. Il merito è del sapiente uso della tecnologia: al termine della stagione, un’immensa rete di teloni geotessili viene stesa sul ghiacciaio per preservarlo dai violenti raggi solari. “L’idea dei teli – spiega il presidente della società Carosello, Davide Panizza – è nata sorretta da un programma sperimentale con le università di Trento e di Milano per ridurre l’ablazione. Hanno la funzione di ridurre la temperatura della neve: li stiamo applicando dal 2008 con ottimi risultati”.
L’idea – L’uomo della coperta è Davide Panizza, 34 anni, presidente della Società Carosello, residente a Vermiglio in val di Sole, un paesino appena aldilà del passo, in Trentino. Da ragazzo, appassionato di sci e di montagna, mai avrebbe pensato di raggiungere una posizione così importante per il suo territorio. Sciatore da ragazzo, laureatosi in economia a Trento, contava sì di lavorare nelle sue montagne, da maestro di sci, ma poi il destino ha voluto che entrasse a far parte della Società degli impianti sciistici, prima da vice presidente e oggi da manager-presidente. “Il mio incarico è doppio – spiega – perché oltre a presiedere il consiglio di amministrazione, sono responsabile della gestione di 50 persone, un team affiatato che lavora a ritmo continuo tutto l’anno per garantire efficienza, qualità e sicurezza degli impianti e delle piste”.
Il progetto – “Tutto è cominciato nel 2008 – aggiunge Panizza – quando ci siano accorti che il trend climatico continuava ad erodere la parte inferiore del ghiacciaio, riportando alla luce, fra i detriti, materiale abbandonato della prima guerra mondiale. Tra moschetti e oggetti appartenenti all’esercito che presidiava queste zone, anche due soldati in uniforme. Bisognava quindi trovare un modo per rallentare la riduzione del ghiacciaio. Si è pensato quindi di proteggere la superficie con dei teli su un primo lotto di 35.000 metri quadrati. I risultati ci hanno entusiasmato e abbiamo proseguito negli anni successivi. Grazie alla collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento che finanziava l’acquisto dei teli e la produzione della neve d’inverno, la coperta si è di anno in anno allungata. Dal 2015 l’attività di protezione del ghiacciaio è proseguita per iniziativa della società Carosello che ha progressivamente esteso, negli anni, la superficie di ghiacciaio coperta dai teli geotessili. Erano 40.000 m² nel 2014 e poi 46.700 m² del 2015, 60mila m² del 2016, 65mila m² del 2017, 80mila m² nel 2018 e addirittura 100mila m² nell’estate 2019”.
Chi stende i teli e li cuce – “L’operazione condotta da me – spiega Panizza – è realizzata da 12 persone addette alla stesura dei rotoli di tessuto dalla cima di 3.000 metri fino a 2700 metri con l’aiuto dei gatti della neve. I teli di 70 metri per 5, una volta stesi vengono cuciti con uno strumento che forma un’unica coperta. Così si salva il ghiacciaio e si assicura la stagione invernale successiva. La strategia anti-scioglimento non si limita ai teli estivi. D’inverno viene attuata l’altra fase del programma: la superficie nevosa è incrementata attraverso sparaneve di ultima generazione che pescano l’acqua di un adiacente bacino idrico naturale. Il processo dura fino a marzo inoltrato e serve a proteggere il ghiaccio sottostante”.
Edoardo Stucchi
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