In Italia ne soffrono 35.500 adulti, 8.000 dei quali in forma grave. Oltre allo stigma, questi malati devono affrontare spese per alleviare i disturbi, senza guarire e sono impossibilitati a svolgere semplici mansioni quotidiane.
Primo anno di attività dell’associazione che li tutela: ANDea.
Grattarsi la pelle per il prurito fino a lacerarsi, non dormire di notte, isolarsi dal contesto sociale e pagarsi le cure per alleviare i fastidi e poter condurre una vita “normale”. E’ questa la fotografia di chi soffre di dermatite atopica, una malattia della pelle di origine sconosciuta, ma soprattutto senza cure efficaci, ma trattabile soltanto con pochissimi farmaci, tra cui cortisone e ciclosporina, dai tanti effetti collaterali e creme e detergenti a carico dei pazienti.
In attesa dei farmaci biologici entro l’anno, la neonata Associazione ANDeA, ha tracciato un quadro della situazione italiana per sollecitare le Istituzioni a prendersi carico di questa malattia e i malati ad aderire all’associazione per contribuire ad avviare la ricerca su questa patologia. ANDeA, infatti, si è costituita un anno fa grazie ad alcuni malati che vogliono far luce su questa patologia poco conosciuta e molto spesso sottovalutata, che ha un forte impatto sulla vita dei malati, soprattutto nelle sue forme gravi,con importanti ripercussioni anche sul lavoro e le relazioni sociali.
La dermatite atopica(DA) interessa oggi in Italia oltre 35.500 adulti, dei quali circa 8.000 presentano la malattia in forma grave.iMigliaia di persone che vivono quotidianamente con i segni e i sintomi devastanti e persistenti, come prurito, escoriazioni, lesioni e infezioni, per i quali, molto spesso, non trovano sollievo. Il risultato è una seria compromissione della qualità di vita.
“La nostra associazione nasce per dare voce a tutte queste persone e ai loro familiari, offrendo sostegno e organizzando percorsi di formazione che aiutino ad affrontare la malattia nelle sue fasi più acute– spiega Simona Cremascoli, Vicepresidente diANDeA– Pochissimi conoscono veramente la dermatite atopica, soprattutto nella sua forma più grave, con i disagi e le limitazioni che impone nella vita di tutti i giorni, come il non poter dormire a causa del continuo e incessante prurito, le pesanti conseguenze sul lavoro, nello studio e nella vita privata a causa delle dolorose lesioni visibili e non visibili che essa genera”
I Malati –“Fino a qualche anno fa la dermatite atopica si presentava nei bambini sotto varie forme – spiega il dottor Paolo Pigatto, dermatologo all’Istituto di ricerca e cura Galeazzi- ma oggi compare anche negli adulti, intorno ai 30 anni e si manifesta con una tipica dermatite eczematosa sulle zone del collo, il décolleté, il retro delle ginocchia, i piedi, ma anche in zone molto visibili come il viso, il cuoio capelluto, le mani e gli avambracci. Uno dei disturbi più gravi è la disidratazione perché sono alterate le condizioni epidermiche che non permettono il trattenimento dell’acqua”.
“Il prurito, spesso persistente, è giudicato da più del 40% dei pazienti il principale aspetto disturbante della patologia, seguito, per quasi il 20% dei pazienti, dalla presenza di irritazioni visibili e lesioni cutanee – commenta Alice Visintin, Coordinatore Comitati Scientifici ANDeA, presentando i dati della recente ricerca della società Stethos sulla dermatite atopica grave dell’adulto, una delle prime ricerche che mira a far luce anche sugli aspetti sociali della malattia
– Da non sottovalutare è anche l’impatto che questa patologia ha nella vita di tutti i giorni: per più del 67% delle persone colpite rappresenta infatti una causa di assenza dal lavoro, dovuta al prurito oppure dal mancato riposo notturno”.
Le conseguenze– La DA è purtroppo associata a diversi fattori che limitano significativamente la vita di chi ne è affetto e toccano, inevitabilmente, anche la sfera relazionale e sociale, generando un forte disagio nel contatto con gli altri: il 54% delle persone evita, infatti, le piscine e il 29% le palestre. Il 43% non può restare in ambienti polverosi, circa il 40% non può indossare indumenti di lana, a causa dell’irritazione derivante dal contatto del tessuto con la pelle lesionata, e quasi il28% non può nemmeno lavare i piatti, dato che l’uso di detergenti aggressivi, potrebbe riacutizzare le lesioni.
“Nel giorno del nostro primo compleanno, in occasione delle Giornata Nazionale dell’Atopia, vogliamo rinnovare il nostro impegno per supportare le persone con DA – conclude Cremascoli – che da qualche mese si è concretizzato anche nell’apertura di una Pagina Facebook (@AssociazioneANDeA) che ci permette di essere sempre connessi con tutti coloro che necessitano di un aiuto o di un consiglio. Accanto a questo impegno quotidiano, ribadiamo la necessità che le istituzioni e la società civile non ci lascino soli!”
Gli appelli– I pazienti e le Associazioni chiedono, infatti, che la patologia venga riconosciuta dal Sistema Sanitario Nazionale come invalidante e inserita nei LEA così che i pazienti non debbano affrontare le spese quotidiane per la gestione della patologia, e che gravano in maniera significativa sul bilancio familiare.
La loro richiesta è quella di avere garanzie riguardo all’accesso alle nuove terapie, più innovative ed efficaci, già disponibili negli Usa e in alcuni paesi Europei.
In questo primo anno di vita l’Associazione ha dialogato con le istituzioni, in particolare con AIFA e il Parlamento, con l’intento di condividere e raggiungere questi obiettivi. Insieme a FederAsma e Allergie Onlus, punto di riferimento per i pazienti con atopia,ha partecipato alla fondazione del Gruppo Multidisciplinare di studio sull’Atopia che, nei prossimi mesi, darà vita al primo Osservatorio Atopia, un gruppo di lavoro permanente che contribuirà a raccogliere dati scientifici e socio sanitari.
SCHEDE INFORMATIVE
Edoardo Stucchi
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