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Gaber, un talento senza tempo

 

GABER un talento senza tempo…

Per ricordare l’artista, a 11 anni esatti dalla sua scomparsa, l’Assessorato alla Cultura del Comune di San Giuliano Milanese, guidato da Maria Morena Lucà, venerdì 31 gennaio scorso ha organizzato una serata con musica, canzoni e scritti col titolo

“E pensare che c’era Gaber”. A cura dell’associazione OssigenO Teatro.

L’evento è stato il secondo appuntamento della rassegna “Parole…di Nebbia”, dedicata ai più importanti personaggi della cultura italiana.

La Sala Previato era gremita, con anche pubblico in piedi, a testimoniare l’affetto di tanti milanesi e non, che ricordano ancora con nostalgia lo straordinario uomo di spettacolo, tra i primi a portare sulla scena teatro, parole e musica contemporaneamente.

Con la capacità di far “vivere davvero” i suoi personaggi intanto che li raccontava ai suoi spettatori.

I due giovani artisti, Alessandro Pazzi che recita, e Filippo Bergamo che canta e suona, sono la dimostrazione che Gaber è stato un artista per tutti i tempi.

Ho chiesto ad Alessandro, cosa li ha spinti a recitare proprio Gaber, di un altro tempo rispetto a loro:

 

“Il motivo che ci ha spinto a mettere in scena Gaber è che lui è stato un artista talmente generoso con il pubblico da farlo diventare un Classico!

 

Mi spiego meglio: Gaber ha scritto e cantato un pezzo della nostra storia che non ha tempo, come tutti i grandi, per esempio Pasolini, è stato anche un profeta, perché l’Italia che lui ha descritto e cantato anni fa è esattamente quella che anche noi stiamo vivendo.

Il mondo che abita i suoi testi è spaventoso, terribile, ironico, caustico, ma assolutamente e spaventosamente umano.

Gaber è diventato oramai un classico, nel senso che oggi possiamo fare Gaber senza Gaber, mettendo come condizione quella di non imitare lui, ma di trovare dentro i suoi testi, quel ritmo, quel tono, quel significato che lui ha messo.

Trattandolo come si tratterebbe Goldoni o Pirandello. Lui parlava dei mostri che abbiamo dentro, delle miserie, delle grandezze umane e lo faceva a tutti e per tutti. Il suo teatro era popolare non nel senso ovviamente di facile, o banale; era un teatro che arrivava al cuore di tutti. Io e Filippo abbiamo cercato quindi di farlo diventare un autore, e di trasmettere al pubblico il messaggio di quell’autore”.

 

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