Il 27 gennaio, nel giorno della memoria, al Benini di Melegnano la storia di Ugo Samaja, un medico triestino nell’Italia fascista, dal 1941 al Predabissi
di Paolo Rausa
Martedì 27 gennaio, il giorno della memoria della shoah e del genocidio di ebrei, zingari, omosessuali, comunisti, ecc., verrà ricordato a Melegnano all’istituto scolastico Vincenzo Benini, con letture da parte degli studenti di brani del libro di Ugo Samaja, un medico triestino cacciato dall’Ospedale della sua città dopo la promulgazione delle leggi razziali nel 1938. ‘E’ giunto qui, proprio qui fra queste mura ad esercitare la sua professione.’ – ci conferma il preside Marco De Giorgi.
E’ stata la Rete Civica di San Donato Milanese (RecSando) a voler coinvolgere l’Amministrazione Comunale.
L’Assessore alla Cultura Raffaela Caputo si è subito dimostrata entusiasta dell’iniziativa e consapevole di questa tragedia, drammaticamente analoga a quella che ha vissuto lei stessa con la famiglia qualche anno dopo in quei luoghi.
Un’opportunità che l’assessore ha pensato di girare alla scuola. Era stupito Ugo Samaja, non ci credeva a quella telefonata della madre che gli leggeva il testo del telegramma giunto dall’Ospedale di Melegnano. ‘Possibile che non sappiano che io sia ebreo, che sono ormai trascorsi tre anni da quando l’Ospedale di Trieste mi ha proibito l’ingresso?’ – si chiedeva Ugo nel febbraio 1941. Era pronto per lui un posto di assistente medico, purché prendesse servizio, già il giorno seguente. Ugo fece presente la sua situazione razziale, ma non se ne preoccuparono. Partì immediatamente da Trieste e il giorno dopo era a Melegnano. Lo accolse il Presidente che non fece caso alla sua origine ebraica, raccomandandosi solo che in caso di controlli dicesse di essersi presentato come ariano. ‘Che gente meravigliosa, si accontentano di una parola d’onore!’ – ricorda Ugo nelle sue memorie. Parole che ripeterà diverse volte nel corso della sua esistenza, drammatica ma colma di incontri straordinari, ricchi di umanità. “La vita è uno scherzo che Dio ha fatto agli uomini”. Fra le tante citazioni contenute in questa ‘autopsia’, l’affermazione di Jonesco è la più appropriata e rende l’idea del percorso ad ostacoli che è stata la vita per Ugo Samaja. ‘Autopsia di una vita’ è l’autoanalisi di un uomo. ‘Se questo è un uomo…’, sì Ugo Samaja è un uomo, che ha fatto i conti fino in fondo con la sua condizione sociale e religiosa. Tutto ha passato al setaccio, riconoscendo l’affetto smisurato per la sua famiglia fino alla passione condivisa, all’amore di una vita con Lucilla, ‘la persona giusta, nel momento giusto e nel posto giusto’. Questa biografia, scritta dopo la morte di Lucilla nel giugno 1987 con una minuzia di particolari sorprendente dopo tanti anni dai fatti accaduti e descritti, dalla sua data di nascita il 15 marzo 1914 fino alla Liberazione dal nazi-fascismo, il 25 aprile 1945, nasce come omaggio postumo a Lucilla, ‘la donna più bella, più seducente, più desiderabile che io abbia mai conosciuto, e tale rimase per quarantasette anni, da quando ne aveva ventitré fino ai settant’anni’.
Non è facile scrivere gli appunti di una vita travagliata. Gli avvenimenti incalzano, si sovrappongono: l’asburgica Trieste divenuta italiana, una patria matrigna con un giovane ebreo che aveva dedicato la sua vita di studi alla medicina e che ora trovava le porte sbarrate della solidarietà dopo la promulgazione delle leggi razziali nel 1938 e degli ospedali, la vita universitaria a Padova, le prime esperienze lavorative a Merano e a Melegnano, la Valcanale quando è costretto ad abbandonare la città per sfuggire alle retate e alle deportazioni. Valcanale diventa il luogo dell’anima, dove impara a sopravvivere seguendo le modalità primitive della popolazione locale, ricevendo solidarietà e calore umano. Una storia che passa per Melegnano, al centro del mondo. All’incontro parteciperà il sindaco Vito Bellomo e il figlio Michele Samaja.
San Giuliano Milanese, 20/01/2015