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Il Pratone: il cuore verde che non vuole morire

Il Pratone: il cuore verde che non vuole, non deve morire !
Sabato 19 aprile 2025, vigilia di Pasqua. Una brezza leggera sfiora le foglie degli alberi lungo Via Martiri di Cefalonia. Camminando, il mio sguardo si posa su un luogo che conosco da sempre. Il Pratone. E, come accade ogni volta che lo vedo, mi fermo. Scatto una foto. Ma stavolta, non è solo una foto: è un istinto, quasi un tributo.
Il Pratone, per chi vive o ha vissuto a San Donato Milanese, non è solo un pezzo di terra. È un simbolo. È un gigante silenzioso che osserva il tempo scorrere, le stagioni cambiare, le città trasformarsi. Qualcuno tempo fa aveva deciso che andava “riqualificato”, ma sotto quella parola gentile si nascondeva un destino amaro. Vennero gli scavi, le ferite nel terreno, i solchi profondi nella sua pelle verde. La chiamavano riqualificazione leggera. Poi la verità: tra le radici strappate e la terra smossa, comparvero rifiuti, materiali di risulta, tracce di un’aggressione silenziosa. Il cantiere si fermò. Il respiro del Pratone si fece flebile, ma non si spense.
Poi accadde qualcosa. Qualcosa di meraviglioso.
La terra smossa fu ricoperta alla meno peggio, e da quella massa informe emerse un piccolo rilievo. Una collinetta. Un gesto improvvisato, forse, ma anche una nuova possibilità. Ed è lì, proprio lì, che è cresciuto un albero. Non piantato da qualcuno. Non progettato, non pianificato. Nato. Cresciuto. Spontaneo. Naturale. Un simbolo.
È come se il Genius Loci, lo spirito antico che protegge questo luogo, avesse deciso di parlare. Di urlare in silenzio il proprio diritto a esistere. Di dimostrare che la vita trova sempre una strada, che la terra sa guarire se le viene dato tempo, che la natura ha una memoria più lunga della nostra.
Il Pratone è questo. Un respiro profondo tra due strade, incastonato tra via Gramsci e via Martiri di Cefalonia. Un suolo vergine – raro, prezioso – ampio quanto nove campi da calcio, che conserva intatto il livello del piano di campagna originario. È un miracolo di biodiversità urbana: un ecosistema che ospita piante selvatiche, insetti impollinatori, piccoli mammiferi e persino uccelli migratori. Un’arca verde in un mare di asfalto.
Ma non è solo natura. Il Pratone è anche storia, è memoria condivisa. È lo spazio dove bambini hanno corso, cani hanno giocato, famiglie si sono ritrovate. È un punto fermo in un territorio che cambia. È una promessa.
Nel pieno della crisi climatica, il Pratone ha un ruolo che va ben oltre il decoro urbano: assorbe CO₂, produce ossigeno, mitiga il calore estivo, trattiene le polveri sottili. È uno scudo silenzioso che protegge la nostra salute, un filtro verde che ci ricorda quanto l’ambiente sia una parte essenziale del nostro benessere collettivo.
Oggi, alla vigilia di Pasqua, mentre le città si riempiono di traffico, supermercati affollati e corse frenetiche, il Pratone resta lì. Calmo. Maestoso. Ferito, ma non sconfitto. E quel nuovo albero – cresciuto dal nulla – è la sua voce. È la sua resurrezione.
Difendere il Pratone non è una battaglia contro il progresso. È una scelta di civiltà. È ricordare a noi stessi che alcune ricchezze non si misurano in metri cubi di cemento, ma in metri quadrati di sogni condivisi.
Staff N>O>I

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