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Iran, Oltre 600 Impiccagioni nel 2023: Un Appello alla Comunità Internazionale per Porre Fine alla Dittatura
In Iran, il 2023 si sta rivelando un anno nero per i diritti umani, con oltre 600 persone impiccate, un triste record che ha scosso la coscienza internazionale. L’Iran Human Rights (IHR), un’organizzazione con sede in Norvegia, ha documentato con precisione 604 esecuzioni quest’anno, il numero più alto dagli oscuri giorni del 2015, quando ne furono registrate 972.
In una sconcertante escalation, nove esecuzioni capitali sono avvenute in un solo giorno questa settimana in un carcere nei pressi di Teheran, mentre altre due persone attendono la loro tragica fine, condannate per adulterio. L’IHR ha lanciato un appello accorato, sottolineando che “la comunità internazionale deve reagire a oltre seicento esecuzioni in dieci mesi, ossia due omicidi di stato al giorno”.
Il direttore dell’IHR, Mahmood Amiry-Moghaddam, ha enfatizzato che il silenzio equivale ad un assenso indiretto a questi crimini, evidenziando il paradosso che vede l’Iran assumere la presidenza del Forum sui diritti umani delle Nazioni Unite il 2 novembre scorso.
La situazione ha raggiunto un punto critico il 23 novembre, con l’esecuzione di Milad Zohrevand, accusato di aver ucciso un membro delle forze di sicurezza durante le proteste antigovernative del 2022. Questa è la ottava esecuzione legata alle proteste del 2022, che ebbero inizio con la tragica morte in custodia di Mahsa Jina Amini, una giovane curda iraniana arrestata per motivi legati al suo abbigliamento.
Oggi, 30 novembre, altri due oppositori politici, Hani Alboshahbazi, arrestato durante le proteste del 2019, e Ayoub Karimi, fermo nella città curda di Mahabad nel 2009, sono stati messi a morte per impiccagione. Attivisti per i diritti umani denunciano confessioni estorte tramite torture e processi farsa. Inoltre, sono salite sul patibolo altre sei persone, tutte curde, accusate di corruzione e complicità nell’uccisione di un religioso a Mahabad.
Il direttore dell’IHR, Mahmood Amiry-Moghaddam, ha dichiarato che “l’esecuzione di Ayoub Karimi, basata su confessioni forzate e senza un giusto processo, è un crimine”. Organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty International, la Human Rights Activists News Agency negli Stati Uniti e il Kurdistan Human Rights Network in Francia, hanno confermato e condannato queste esecuzioni.
L’Iran, secondo solo alla Cina per il numero di esecuzioni, deve affrontare la crescente pressione della comunità internazionale. L’appello è chiaro: non rimanere in silenzio. È ora di chiedere azioni concrete per rovesciare la dittatura in Iran e sostenere la nascita di un governo democratico che rispetti i diritti umani fondamentali. Il mondo non può voltare le spalle a questa tragedia umana.
Fabrizio Cremonesi
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