. Al Sindaco di Milano
-. Al Presidente della Regione Lombardia
Illustre Signor Sindaco,
Illustre Signor Presidente,
- L’Accordo di programma relativo all’impiego e alla destinazione delle aree degli ex-Scali ferroviari milanesi di oltre un milione e duecentomila metri quadrati, ratificato nel giugno scorso dal Consiglio comunale di Milano, è fonte di sconcerto per la società civile impegnata nella salvaguardia dei beni comuni e nella tutela degli interessi della collettività.
- Premessa
- Appare innanzitutto incredibile ed inaccettabile che dell’Accordo di programma, destinato a regolare complessi e rilevanti problemi interessanti la città di Milano e i numerosi Comuni con essa collegati, possa far parte, per di più in violazione della normativa applicabile, un Fondo di investimento estero (Olimpia Investment Fund controllato da Kennedy Wilson Europe Real Estate Plc, quotato alla Borsa di Londra) e non ne faccia parte la Città Metropolitana milanese, composta dai 134 Comuni della vastissima area che circonda la città di Milano, con la quale essi dovrebbero collaborare per risolvere i predetti problemi.
- La società civile, dopo aver tentato invano di far sentire la propria voce nelle sedi opportune, si è vista costretta ad esprimere il proprio dissenso contro questa mancanza di rispetto per gli interessi della generalità dei cittadini, nell’unico modo consentito dalla legge: introducendo due ricorsi davanti al Tribunale amministrativo della Lombardia e predisponendo una serie di denunce e di esposti da presentare alle diverse Autorità competenti.
- Si tratta, beninteso, di azioni difensive volte a prevenire e a contrastare il verificarsi di danni certi e molto gravi, causati dalla sostanziale dismissione da parte degli enti a ciò preposti della fondamentale funzione di governo del territorio, impropriamente e illegittimamente assegnata a soggetti privati.
- Ma il nostro intendimento, come esponenti della cittadinanza attiva, è quello di offrire la nostra collaborazione per aiutare a risolvere in modo razionale ed equilibrato gli importanti problemi che riguardano la città di Milano.
- Per questo, occorre mettere a punto un programma che possa svilupparsi secondo una logica ben definita e secondo metodi già sperimentati in altri Paesi, partendo da una premessa fondamentale.
- La riqualificazione degli ex Scali ferroviari milanesi non deve costituire solo un progetto urbanistico o di valorizzazione immobiliare, ma deve rappresentare soprattutto un’occasione per contribuire a disegnare una strategia di sviluppo economico e sociale offrendo una risposta innovativa ai nuovi bisogni quantitativi e qualitativi dei cittadini di Milano, della città metropolitana e dell’intera Regione Lombardia.
- In questa prospettiva, il progetto non può che essere di iniziativa pubblica e sottoposto a metodi di evidenza pubblica. Se, infatti, il perseguimento esclusivo di un interesse particolare (quello della proprietà) può portare alla contaminazione e financo alla distruzione del territorio nel suo insieme, l’assunzione di un punto di vista di interesse pubblico mira a individuare una sintesi, capace di supportare sia la funzione di polizia (command and control) che quella di impulso e direzione dello sviluppo.
Il che esige una forte regia pubblica, spinta da un’idea condivisa di sviluppo del territorio e delle sue potenzialità (economiche, culturali, ambientali, turistiche, etc.) e la messa in campo di tutto lo strumentario sperimentato e collaudato anche all’estero negli ultimi 50 anni per i grandi interventi di riqualificazione e rilancio delle città e dei territori.
- Riqualificazione delle aree
- Le aree ferroviarie, parte del demanio ferroviario e statale, sono state espropriate e acquisite dallo Stato per motivi di pubblica utilità. Se ora non sono più funzionali allo scopo per il quale sono state espropriate, vanno restituite allo Stato che provvederà ad una loro nuova destinazione e ad una nuova funzione, come è avvenuto per il demanio militare e penitenziario, con il trasferimento dei beni ai Comuni, alle Province e alle Regioni.
- Le FS SpA, parte dell’Accordo di programma e, in particolare, Trenitalia che gestisce i servizi ferroviari, hanno la natura giuridica di impresa privata, ancorché si tratti dell’impresa italiana di gran lunga più sovvenzionata dal nostro Stato. La Società delle ferrovie ha la proprietà dell’intera rete, sulla quale devono circolare i mezzi di diverse società di trasporto ferroviario in concorrenza tra loro e, come tale, costituisce un monopolio. Inoltre, la rete è appoggiata sul suolo pubblico (concessione o diritto di superficie), che è di proprietà del demanio pubblico.
- Sulla base di quanto abbiamo in precedenza esposto, la riqualificazione delle aree ferroviarie abbandonate deve quindi mirare a creare “valore aggiunto” per i cittadini e non “valore finanziario” per gli azionisti che formalmente le posseggono.
- In altre parole, tale riqualificazione non deve mirare alla estrazione della “rendita” fondiaria con il successivo suo trasferimento ad una impresa nazionale o internazionale. Milano ha bisogno di attrarre capitali, non di esportarli sul mercato finanziario nazionale e internazionale. Le FS SpA devono reinvestire la eventuale rendita nel territorio e nella riqualificazione del servizio ferroviario regionale e metropolitano.
- Diversamente da quanto appena auspicato, l’Accordo di programma persegue un obiettivo che rappresenta una privatizzazione surrettizia di un bene pubblico da parte di un’impresa privata. È necessario, pertanto, un intervento del Governo e del Parlamento anche perché il tema non è esclusivamente milanese, ma si ripropone su scala nazionale, in tutte le città in cui FS possiede aree dismesse. È un tema cruciale per la prossima campagna elettorale nelle elezioni regionali e politiche del 2018. È opportuno altresì un intervento della Cassa Depositi e Prestiti che faciliti il trasferimento delle aree dalle FS SpA al demanio pubblico nazionale o delle Regioni e degli Enti Locali.
III. Una proposta alternativa
- Il gruppo Lombardia Sostenibile, in rappresentanza della società civile, ha proposto il modello della partecipazione informata analogo al débat publique francese e una consultazione popolare dei cittadini nei Municipi delle singole aree interessate “seria”, cioè correttamente informata e capace di riflettersi sulle scelte dell’amministrazione.
- La fretta è stata però cattiva consigliera. Tirare diritto senza rispettare il principio della partecipazione dei cittadini è antidemocratico e, per di più, bisogna dire che non fa parte delle tradizioni civiche milanesi un metodo di intervento a “mano libera sulla città”.
- Il punto è che lo strumento attuale dell’ “Accordo di programma” concluso tra amministrazioni pubbliche e un’impresa privata (Ferrovie dello Stato Spa, oltre all’inaudito coinvolgimento del Fondo Olimpia) è, di fatto, dal punto di vista economico e politico, in contrasto con il principio della concorrenza e della partecipazione democratica, dato che impedisce l’attività di molti altri operatori privati e non assicura la partecipazione dei cittadini nella definizione della strategia generale di sviluppo e delle scelte operative, urbanistiche e industriali, nelle singole aree che di fatto verrebbero lasciate alle decisioni di un’impresa privata.
- La problematica degli Scali ferroviari dismessi si ritrova non solo in altre città italiane, ma in molte città europee. La nostra indagine evidenzia che non c’è un solo caso di città europea che abbia adottato il modello milanese dell’Accordo di programma, secondo il quale chi conduce l’operazione è, in effetti, una società controllata da FS.
- Ecco perché siamo rimasti sconcertati nel leggere che il Sindaco di una grande città come Milano in un’intervista sugli ex Scali ferroviari, ritiene che: “le FS sono le padrone di casa”. Ed invece la verità, per noi, è un’altra: la città di Milano è la padrona di casa che ha, a suo tempo, destinato il suo territorio (bene comune) a servizi rispondenti ad esigenze di mobilità di comune interesse Ora che tali esigenze sono superate, la città deve riappropriarsi del proprio territorio, bene comune, da destinare a nuove esigenze comuni, da definire con chiarezza.
- Noi non accettiamo che le FS o, peggio, le FS Sistemi Urbani si ergano a pensatoio dell’Urbanistica milanese e troviamo imbarazzante leggere che: FS Sistemi Urbani “promuove un processo partecipato, inclusivo e collaborativo, di rigenerazione urbana sostenibile delle aree dismesse nella città di Milano”. In nome di chi? In sostituzione di chi? Nell’interesse di chi?
- Aspetti economici e sociali
- Una migliore qualità della vita e una maggiore crescita economica nella città e nella regione richiedono che nell’area degli ex scali ferroviari vengano concentrati importanti investimenti, in grado di dare una risposta ai bisogni nuovi e tuttora insoddisfatti dei cittadini per quanto riguarda in particolare: a) abitazione, b) mobilità, c) cultura d) tempo libero, e) ricerca f) salute e formazione, g) verde e sostenibilità ambientale. Questi investimenti creeranno nuove attività produttive innovative e posti di lavoro qualificati (nei servizi e nell’industria) che attireranno risorse umane e in particolare giovani e lavoratori che renderanno l’area milanese sempre più dinamica e attrattiva, e che sosterranno le giuste ambizioni di Milano di collocarsi sempre più tra le città leader in Europa.
- Per realizzare questi obiettivi, gli investimenti negli ex scali ferroviari devono anche, presumibilmente, promuovere una riduzione delle disparità di reddito e di ricchezza tra i cittadini, stimolare una maggiore concorrenza tra le imprese e assicurare un’amministrazione pubblica trasparente e corretta. Questi fattori assicureranno una maggiore fiducia nel futuro e stimoleranno lo sviluppo della città e della regione.
- In ogni caso, gli investimenti negli ex scali ferroviari dovranno essere progettati con la partecipazione attiva dei cittadini e della comunità degli esperti e delle università milanesi.
- In realtà la crescita economica nazionale e quella di Milano e della Lombardia hanno bisogno di grandi progetti e la riqualificazione delle aree ferroviarie può essere la componente principale di un rilancio degli investimenti su scala nazionale e locale, in grado di promuovere la crescita dell’economia e una migliore qualità della vita in tutta l’area metropolitana milanese e nella regione Lombardia e non solo in singole zone della città.
- La riqualificazione degli scali ferroviari non deve essere invece l’occasione per una serie di varianti urbanistiche o di progetti di architettura o di grandi operazioni immobiliari. Al contrario, deve essere lo stimolo a definire una strategia di rilancio della crescita e di miglioramento della qualità della vita nell’area metropolitana milanese e nella Regione Lombardia, basata su un piano articolato di investimenti in diversi settori.
- La priorità non è definire la destinazione urbanistica delle aree ferroviarie, ad esempio, a verde o a residenza. Ciò che conta invece è definire una strategia di sviluppo urbano e regionale e una serie di progetti di tipo industriale/terziario, infrastrutturale e sociale, che permettano di creare nuove attività innovative sia produttive, sia sociali e culturali, capaci di soddisfare i nuovi bisogni dei cittadini. È da questa strategia che si devono dedurre gli interventi urbanistici appropriati e non viceversa.
- Gli ex scali ferroviari milanesi per la loro enorme estensione e per la loro presenza in diversi settori della città possono rappresentare l’occasione per avviare una fase nuova di sviluppo dell’area milanese ed anche dell’economia della regione, sulla base di una seria e professionale analisi dei bisogni. Di fatto, le aree ex ferroviarie sono un “bene comune”, che ha un elevato valore economico in una prospettiva di medio periodo per il sistema economico-sociale-territoriale della città e della regione, diverso dal valore di bilancio, che un “bene privato” potrebbe avere nell’immediato per il rispettivo proprietario.
- Dato che il riuso delle aree ferroviarie non deve avere come obiettivo la valorizzazione immobiliare delle aree e la creazione di valore per gli azionisti di Ferrovie dello Stato Spa, ma quello di rispondere all’interesse collettivo di natura economica, sociale, culturale e ambientale dell’intera città e della regione, la strategia di sviluppo economico e sociale e il relativo piano degli investimenti, nonché il piano urbanistico, devono essere definiti dal Comune di Milano, dai Comuni contigui dell’Area Metropolitana, dalla Regione Lombardia e dalle diverse istituzioni nazionali competenti, come il Ministero delle Infrastrutture e non invece da una società privata formalmente proprietaria delle aree, come è Ferrovie dello Stato SpA o Sistemi Urbani SpA con l’intervento di un Fondo di investimento estero.
- Il progetto richiede, in effetti, importanti investimenti e questi possono e debbono provenire anche da investitori privati e professionali nazionali e internazionali. Ma solo una governance pubblica, dotata della necessaria autorità e con chiari piani strategici di sviluppo di natura generale può creare l’ambiente adatto ad attrarre investimenti privati, come è stato fatto su larga scala per le aree industriali dismesse in Germania.
- I valori economici possono essere molto diversi, dipendendo dagli assunti di partenza. Chi come noi pensa che queste aree devono restare “bene comune”, perché si è esaurita la funzione di mobilità per la quale furono espropriate (vedi dichiarazione allegata di un erede degli espropriati) o comunque assegnate alle FS, l’eventuale plusvalore, al netto dei costi di dismissione, dovrebbe essere attribuito all’ente locale per realizzare investimenti nelle aree o alle FS per il potenziamento dei trasporti locali.
- Il punto di partenza corretto è quello espresso dall’allora assessore all’urbanistica De Cesaris nel 2013, “senza un accordo quelle aree valgono zero”. Ma ora con l’Accordo di programma, con questo accordo, quanto valgono? Secondo le migliori stime l’operazione Scali ferroviari, relativamente all’edilizia pubblica, può muovere un volume d’affari di circa 2,5 miliardi di euro, con circa 1 miliardo di utili lordi per le FS. A fronte di questo utile per le FS, il Comune, secondo una tabella presentata alla Commissione Urbanistica e Mobilità, dovrebbe, nel tempo, introitare 306,5 milioni. C’è chi pone in discussione, come ottimistica, questa stima (anche per le clausole previste nell’accordo) ma, in ogni caso, siamo di fronte a un risultato molto squilibrato, che potrebbe essere all’origine di un significativo danno erariale.
- Conclusioni
- Siamo forse ancora in tempo per un intervento in via di autotutela.
Il Sindaco dovrebbe nominare una Commissione ristretta, indipendente, composta esclusivamente da grandi esperti internazionali per porre almeno questo aspetto su un piano di valutazione e comunicazione oggettiva, trasparente e suffragata da fonti indipendenti. In ogni caso occorre tener presente che secondo l’art. 88 della L.R. 12/2005, la concessione di volumetrie sulle aree dismesse degli scali risulta giustificabile solo in presenza di “rilevanti vantaggi per l’interesse pubblico”.
Naturalmente, come cittadinanza attiva, ci dichiariamo disponibili ad offrire la nostra collaborazione per approfondire i vari punti esaminati nella presente lettera aperta al fine di apportare le variazioni e le modifiche che appariranno necessarie per meglio tutelare gli interessi della collettività.
Con osservanza
- Marco Vitale
- Umberto Balottin, medico, Università di Pavia
- Maurizio Baravelli, economista, Università La Sapienza, Roma
- Emilio Battisti, urbanista, Politecnico di Milano
- Luca Beltrami Gadola, urbanista, rivista Arcipelago Milano
- Arturo Bortoluzzi, Associazione ambientalista Amici della Terra, Varese
- Silvio Bosetti, manager, Fondazione Ordine Ingegneri, Milano
- Giampio Bracchi, economista, Politecnico di Milano
- Roberto Camagni, economista, Politecnico di Milano
- Riccardo Cappellin, economista, Università di Roma “Tor Vergata”
- Enrico Ciciotti, economista, Università Cattolica, Piacenza
- Oliviero Cimaz, commercialista, esperto contabile
- Luciano Consolati, consulente e docente, Brescia
- Fiorello Cortiana, coordinatore di “www.lombardiasostenibile.eu”
- Lorenzo Degli Esposti, architetto, Politecnico di Milano
- Lidia Diappi, urbanista, Politecnico di Milano
- Gioacchino Garofoli, economista, Università di Varese
- Anna Gervasoni, economista, Università LIUCC, Castellanza
- Giorgio Goggi, urbanista, Politecnico di Milano
- Giuseppe Longhi, urbanista, Università di Venezia
- Enrico Marelli, economista, Università di Brescia
- Dario Musolino, economista, Università Bocconi, Milano
- Alberto Pacchioni, coordinatore di “www.lombardiasostenibile.eu”
- Luciano Pilotti, economista, Università di Milano
- Marco Ponti, economista, Politecnico di Milano
- Claudio Pirola, Associazione politico culturale Zyme, Abbiategrasso
- Daniele Angelo Previati, economista, Università di Roma Tre
- Pier Giuseppe Torrani, avvocato, Milano
- Salvatore Veca, filosofo, Casa della Cultura, Milano
Si è tenuto ieri 3 Luglio 2019 il primo dibattito aperto, a Palazzo Marino. tantissima l’affluenza delle persone, la sala non era sufficiente a contenere tutte le persone che sono intervenute. Il dibattito è stato quindi realizzato in ben due sale competamente stracolme.
E’ stata aperta una campagna di raccolta fondi
In questa campagna ci stiamo impegnando affinché la riqualificazione degli ex Scali ferroviari di Milano non sia solo un progetto urbanistico o di valorizzazione immobiliare, ma sia soprattutto un’occasione per contribuire a disegnare una strategia di sviluppo economico e sociale offrendo una risposta innovativa ai nuovi bisogni quantitativi e qualitativi dei cittadini di Milano, della C ittà metropolitana e dell’intera Regione Lombardia.
Oltre il muri di cinta degli scali ex FS ci sono 1.250.000 mq di spazio pubblico, che appartiene a tutti noi, ai nostri figli e ai nostri nipoti, di cui ci dobbiamo occupare perché vogliamo abitare la città e partecipare alla sua rigenerazione.
Siamo c ontro l a pianificazione privata dello spazio pubblico promossa dal Comune di Milano con l’ avvallo della Regione Lombardia, unitamente ad una società finanziaria e una immobiliare.
C on il supporto delle firme dei cittadini milanesi abbiamo già convocato una Udienza Pubblica in Consiglio Comunale chiedendo trasparenza, partecipazione informata e rispetto degli interessi generali di tutte le generazioni.
Inoltre p er prevenire e contrastare il verificarsi di danni certi e molto gravi, causati dalla sostanziale dismissione da parte degli E nti a ciò preposti della fondamentale funzione di governo del territorio, impropriamente e illegittimamente assegnata a soggetti privati attraverso un “ A ccordo di Programma ” abbiamo anche già presentato, insieme a cittadini, imprenditori, associazioni, due ricorsi davanti al Tribunale amministrativo della Lombardia e predisposto una serie di denunce e di esposti da presentare alle diverse Autorità competenti.
Abbiamo bisogno però di alimentare l e azioni di comunicazione e di confronto pubblico per questo stiamo raccogliendo fondi. Tutto ciò che sarà raccolt o verrà utilizzat o per pagare le spese legali e per costruire tutti i percorsi di partecipazione informata al processo relativo alla destinazione degli scali, ciò significa: affitto di sale per incontri, produzione e distribuzione di materiale informativo, sia online che nelle piazze della città, sia per la produzione e la distribuzione di magliette e spille a sostegno della campagna.
Sarà nostra cura rendicontare puntualmente, in modo pubblico e con garanti, sia l’ammontare dei fondi raccolti, sia il loro specifico impiego nonché l’efficacia e l’utilità delle singole azioni finanziate .
Per approfondire la questione degli Scali ex FS oltre i muri di silenzio e le vetrine di propaganda potete utilizzare il sito d i Lombardia Sostenibile , o su Facebook sul le pagine di Arcipelago Milano dedicate al tema è il video esplicativo della nostra campagna.
per Lombardia Sostenibile
Alberto Pacchioni
Fiorello Cortiana