di Ornella Bongiorni
E’ la storia di una fabbrica ad alto rischio ambientale, la Fibronit di Bari, ma anche la storia del riscatto di una città, del diritto all’amore, alla bellezza, al coraggio e alla felicità. Tutto raccontato con parole in poesia nel romanzo di Giuseppe Armenise “Pane e amianto” (edizioni Poiesis). Una storia nella storia italiana dell’eternit, che “… infiniti lutti addusse…” a molte famiglie italiane.
Tutto succede intorno alla fabbrica della Fibronit, un tempo collocata nella periferia della città di Bari ma ora circondata dalle case del quartiere Japigia. La storia è raccontata dalla voce narrante di “lui”, un operaio colpito dal mesotelioma pleurico la malattia da avvelenamento da amianto. Ed è lui che su un piano sequenza mai interrotto, come nel film “Quarto potere” di Orson Welles, ci racconta la storia di Giuliano, un giornalista “indagatore” alla ricerca della verità sulle tante morti da amianto che la città nasconde.
Lungo il suo cammino Giuliano ci farà partecipi di molte storie umane a partire dal padre di Francesca, un ragioniere che ogni giorno per venti anni, percorrendo quel marciapiede che costeggiava la fabbrica, respirò le finissime fibre d’amianto e la malattia un giorno se lo portò via. La storia di Capozza e di Giovanni Capodiferro, gli operai della Fibronit dalla cui morte tutto cominciò a svelarsi, perché la gravità del problema venne sottovalutato o nascosto, i danni sanitari vennero risolti concedendo un bicchiere di latte al giorno agli operai e nessuna precauzione fu presa per migliorare le condizioni di lavoro in fabbrica. Furono i dati raccolti da Marina, una specializzanda dell’Università di Bari, ad accendere il campanello d’allarme sulla città. I casi di malattia da mesotelioma rilevati erano superiori alla media, Bari era una città a rischio sanitario e ambientale. Il fronte si allargava dalla fabbrica alla città, che ancora tutto ignorava. A mano a mano che aumentavano i malati e i morti, aumentava anche la protesta fino ad arrivare in Italia alla legge 257-27 marzo 1992, che vietò la produzione e l’uso dell’amianto, con i suoi manufatti che lo contengono. Nel 1985 la fabbrica Fibronit si fermò definitivamente.
Da quel giorno, iniziò per Giuliano un lungo cammino durato ben 10 anni dentro i tribunali, lungo le strade d’Italia: Broni, Casale Monferrato, Bergamo. Scoprirà intrecci tra politica e affari, trasformazioni di società in fondazioni, interessi sui terreni della fabbrica, progetti edificatori di banche e finanziarie in un susseguirsi di colpi di scena proprio come in un romanzo noire.
La fabbrica, abbandonata a se stessa, si rivelerà esattamente per quello che è sempre stata, un enorme problema ambientale e sanitario e, dopo l’abbandono, una discarica a cielo aperto. La bonifica dei terreni tanto decantata tarderà ad arrivare e rimbalzerà tra una seduta di Consigli comunali, Ministeri, esperti in materia e aule di Giustizia. Un giro di giostra dove il giornalista dovrà districarsi e capire chi è il mangiafuoco.
Tutto sembra perduto, ma i suoi articoli, la sua dedizione di giornalista contribuirà a far germogliare una coscienza nella città, il suo coraggio sarà da esempio a quanti non sanno sognare e vedere al di là dell’apparente. Così un giorno, quello che pochi avevano iniziato si trasformò in partecipazione umana e collettiva della città di Bari, sino al riscatto finale.
Ormai i tempi erano maturi e una nuova coscienza collettiva si stava formando, la città si risvegliava, le strade si riempivano di gente che manifestava per il diritto: all’amore, alla bellezza, alla vita, alla felicità.
Una nuova primavera era iniziata. Il senso di cittadinanza era prevalso e arrivò alle future rappresentanze politiche che raccolsero la sfida e contribuirono alla realizzazione di un parco, il parco “della rinascita” il parco di un sogno.
Il 4 marzo 2015 il SI del Senato della Repubblica Italiana, che ha approvato la legge contro i disastri ambientali sino ad oggi puniti con semplici contravvenzioni, ci fa ben sperare che un mondo migliore è possibile e che il valore umano, la vita, la bellezza, la felicità e l’amore sono la strada giusta per incamminarci verso l’orizzonte. (Pane e amianto: Girotondo di una città sopra un milione di vite. Ed. Poiesis, 2013)
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