L’Amministrazione avvia un piano per facilitare la conversione delle aree produttive dismesse in ambiti destinati all’housing sociale e allo smart working
Relitti industriali riconvertiti in abitazioni e uffici. Poli produttivi dismessi che “tornano” a nuova vita consentendo di ricucire il tessuto urbano per cancellare gli “strappi” territoriali causati dalle infrastrutture (ferrovia, tangenziali…), dalla rapida crescita della città a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta e dagli effetti del ribaltamento globale dei sistemi di produzione. Il bando di rigenerazione urbana approvato dalla Giunta nel corso dell’ultima seduta punta a tutto questo; in sintesi al recupero delle aree degradate di San Donato – in passato sede di attività industriali – al fine di produrre benefici in termini di qualità ambientale, di offerta abitativa di stampo sociale e di promozione di nuove “start up” e, più in generale, di attività lavorative innovative.
La strada percorsa dall’Amministrazione consiste nell’apertura di un tavolo di confronto tra pubblico e privato le cui ricadute positive andranno a vantaggio della città. In concreto, i proprietari di aree totalmente o parzialmente edificate (fatta eccezione per quelle agricole) da tempo in disuso potranno chiedere il cambio di destinazione delle stesse (entro il limite del 20% della volumetria) a condizione che il 50% delle strutture riconvertite venga destinato all’housing sociale (con prevalenza dell’affitto). Nel caso in cui le proposte d’intervento prevedano la promozione di forme innovative di lavoro (per una quota del 20%, che andrebbe a sommarsi al 50% destinato all’abitare di taglio sociale) all’operatore sarebbe riconosciuta anche la possibilità d’incremento della superficie lorda (fino al 35%), usufruendo di iter amministrativi dalle forme più snelle, fermo restando il benestare del Consiglio Comunale. Tutto nel solco del programma di governo dell’Amministrazione, ovvero, senza consumo di suolo in quanto i nuovi insediamenti abitativi e di smart working sarebbero ospitati nelle aree oggi degradate e inutilizzate e gli eventuali volumi aggiuntivi si sommerebbero in altezza.
A poter beneficiare del processo di rigenerazione urbana, in particolare, sarebbero due aree ben precise: una in via Buozzi, l’altra in via XXV Aprile. Tali ambiti cittadini, oggi, ospitano capannoni inutilizzati per una volumetria totale che supera i 100mila metri cubi. Nel caso della zona ai margini della Paullese, l’eventuale intervento andrebbe a riqualificare un grande comparto ora fortemente degradato. L’operazione in via Buozzi, invece, avrebbe caratteristiche differenti in quanto diversi immobili, oggetto di una eventuale riconversione, sono attualmente in discrete condizioni. La rigenerazione, in questo caso, offrirebbe l’occasione per ridisegnare l’area che, riconvertita a “vocazione” residenziale e terziaria, potrebbe essere connessa al resto del contesto urbano. Nelle intenzioni dell’Amministrazione, dal momento che le opere di riconversione degli immobili (destinati a ospitare appartamenti di tipo “sociale” e uffici per nuove attività imprenditoriali) si sommerebbero a interventi di tipo infrastrutturale, l’iniziativa urbanistica contribuirebbe a sanare la “frattura” territoriale rappresentata del tracciato della ferrovia e della tangenziale, oggi di fatto una cesura netta che spacca in due il territorio cittadino.
«L’obiettivo della rigenerazione urbana – spiega il Sindaco Andrea Checchi – è avviare un processo virtuoso in grado di produrre molteplici vantaggi per la città. In primis, per quella “fascia di mezzo” di cittadini che per motivi di reddito oggi non ha possibilità di accesso all’edilizia residenziale pubblica e, al tempo stesso, non è in grado di accedere al mercato immobiliare. L’iniziativa urbanistica farà anche da volano all’occupazione locale, dando impulso alle forme innovative di lavoro (quali start up e co-working) attraverso canoni di locazione agevolati. Ma le novità positive non avrebbero solo natura di tipo sociale/occupazionale. A beneficiare dell’operazione sarebbe anche il tessuto urbano sandonatese che potrà vedere valorizzati alcuni suoi ambiti oggi degradati o “disconnessi” dal resto della città».